GForex: un’altra truffa per i risparmiatori. Ma c’è ancora speranza

GForex: un’altra truffa per i risparmiatori. Ma c’è ancora speranza

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Uno scandalo finanziario poco conosciuto, costato 26 milioni a 400 risparmiatori. GForex è fallita nel 2011. Ma non è finita. Nel 2016 chiesti risarcimenti a Unicredit, Barclays e Banca d'Italia

400 risparmiatori truffati, per un totale di circa 26 milioni di euro spariti nel gorgo del crack GForex dal 2006 al 2010. Uno scandalo finanziario poco conosciuto, forse perché fratello minore di una famiglia di frodi Forex, legate a speculazioni sui cambi, che sembrano fatte con lo stampino.

«GForex era stata autorizzata ad operare in Italia in base all’articolo 106 del TUB (Testo Unico Bancario), che disciplina gli intermediari finanziari cosiddetti “non bancari”», spiega a Valori l’avvocato Giovanni Spinapolice, Managing Partner dello studio legale S&P (Spinapolice & Partners) di Roma. «L’ha fatto illegalmente, offrendo servizi a piccoli investitori e promettendo rendimenti molto allettanti». Una volta versato, però, il denaro veniva dirottato all’estero per perdersi poi nelle nebbie di una serie di transazioni bancarie tra Milano, la Svizzera e Dubai.

 

Il gioco non è durato molto: chiamata a restituire le somme investite, GForex non ha retto e il castello di carte è crollato. La società è stata dichiarata fallita nel luglio del 2011. Il processo penale contro i responsabili si è chiuso (in primo grado) presso il Tribunale di Milano il 29 novembre 2016 con la condanna, per bancarotta fraudolenta, a sei anni e sei mesi di reclusione del pakistano Mahmood Riaz e a cinque anni di Claudio Di Fonzo, rispettivamente consigliere e legale responsabile di GForex SpA. Un terzo imputato, l’ex amministratore delegato Giovanni Spinardi, ha patteggiato una pena di tre anni e sei mesi.

Una pagina nera della storia finanziaria italiana

Le società al centro delle frodi Forex, come appunto GForex o la più nota IBS Forex, hanno approfittato, tra il 2005 e il 2010, di una disciplina meno stringente e di minor garanzia e controllo rispetto all’attuale. Prima della riforma dell’art. 106 del TUB (Testo Unico Bancario), avvenuta nell’agosto del 2010, le società di intermediazione in cambi “senza assunzione di rischi in proprio” (e quindi a pronti), erano sotto la Vigilanza dell’Ufficio Italiano Cambi di Banca d’Italia e non della Consob, visto che le operazioni di cambio non erano ritenute strumenti finanziari.

GForex e altre società, però, non operavano semplicemente sul mercato dei cambi (come previsto dall’autorizzazione ex art.106 del TUB), ma svolgevano attività illegale di sollecitazione al pubblico risparmio in gestioni patrimoniali. Una funzione riservata solo alle SIM (Società di Intermediazione Mobiliare) o SGR (Società di Gestione del Risparmio). Le “106”, quindi, a differenza delle SIM e delle SGR sottoposte a vincoli di legge più rigorosi, gestivano in modo disinvolto il patrimonio rastrellato dai clienti (tutti risparmiatori con bassa propensione al rischio) tanto che, grazie alla confusione patrimoniale dei conferimenti in gestione, riuscivano a disperdere i capitali nei mercati esteri e offshore. Il tutto all’insaputa del singolo investitore che, anzi, era invogliato ad affidare sempre più denaro, visti gli alti rendimenti ottenuti, ma solo sulla carta, nei falsi report che ricevevano dall’intermediario.

«È una pagina nera della storia finanziaria italiana», continua Spinapolice. «Per anni società registrate in pratica come uffici di cambio valuta, quelli che si vedono nelle stazioni o negli aeroporti, hanno operato in realtà, abusivamente, come società di gestione del risparmio o SIM, promuovendo e collocando prodotti finanziari presso la clientela alla quale promettevano un investimento sicuro dagli alti rendimenti, superiori ai BOT e CCT». Oggi frodi del genere per fortuna non sono più possibili, almeno non in Italia. Per le centinaia di risparmiatori ignari che hanno perso i risparmi di una vita in presunti investimenti sui cambi è certo una magra consolazione, anche se la speranza di un risarcimento c’è ancora.

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La speranza in una causa contro Unicredit e Barclays

«Il tempo sta per scadere. Stiamo correndo contro i termini di prescrizione che, nel caso GForex, scatteranno nel 2020», spiega l’avvocato Spinapolice, che difende circa 100 risparmiatori truffati nel processo civile contro la società. «Siamo però ottimisti sull’esito finale perché la nostra linea difensiva, dal 2016, ha esteso la lista dei responsabili, a cui chiedere i risarcimenti, a Banca d’Italia, Barclays Bank e Unicredit».

Barclays e Unicredit avrebbero contribuito all’attività abusiva di GForex con modalità diverse, in particolare con l’apertura di conti correnti “omnibus”, intestati alla società, su cui è confluito il denaro di decine di clienti truffati. Lo Studio S&P avrebbe rilavato numerosi vizi e illegittimità nell’operato delle due banche che potrebbero rendere plausibile un risarcimento.

Banca d’Italia, infine, sarebbe responsabile per non aver vigilato sull’operato di GForex e non avrebbe preso i necessari provvedimenti a tutela degli investitori.

A più di sette anni dal fallimento di GForex il caso, almeno sul fronte del processo civile, è ancora più che mai aperto. E se può essere molto difficile, se non impossibile, cercare di recuperare il denaro fatto sparire in una ragnatela di trasferimenti bancari da una società finita in bancarotta, potrebbe essere più probabile ottenere ristoro da due istituti bancari che, solo nel 2017, hanno generato profitti complessivi per oltre 3 miliardi di euro.

Fonte:

Termoli - Maggiolone al trabucco di Termoli
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