Giornata Mondiale dell’elefante nasce nel 2012 grazie all’impegno di Patricia Sims

Giornata Mondiale dell’elefante nasce nel 2012 grazie all’impegnodi Patricia Sims

Il 12 agosto, ogni anno, il mondo si ferma – o almeno dovrebbe – per rivolgere lo sguardo a una delle creature più maestose e iconiche che abbiano mai calpestato la Terra: l’elefante. Simbolo di forza, saggezza e memoria, l’elefante è oggi una specie minacciata come mai prima nella storia recente. La Giornata Mondiale dell’Elefante, conosciuta a livello globale come World Elephant Day, è nata nel 2012 grazie all’impegno della canadese Patricia Sims e alla Elephant Reintroduction Foundation della Thailandia. Il suo scopo è semplice e al tempo stesso gigantesco come l’animale che vuole salvare: sensibilizzare il mondo sulla drammatica situazione degli elefanti e mobilitare l’opinione pubblica globale in un’azione collettiva per la loro tutela.

Ma perché dedicare una giornata intera a questo animale? La risposta è nei numeri, e purtroppo sono numeri impietosi. Il 62% della popolazione di elefanti africani è scomparsa negli ultimi dieci anni. Ogni singolo giorno, circa 100 elefanti africani vengono uccisi dai bracconieri. Non si tratta di numeri ipotetici, ma di una mattanza reale, alimentata da un mercato insaziabile che non sembra conoscere vergogna: il commercio illegale di avorio, destinato principalmente all’Asia, con la Cina in prima linea come principale acquirente. Lì, l’avorio viene trasformato in ornamenti, amuleti, bacchette, statuette. Oggetti di lusso che costano la vita a esseri viventi meravigliosi, spesso uccisi con ferocia e mutilati nel silenzio delle savane africane.

Tra il 2010 e il 2014, il prezzo dell’avorio in Cina è triplicato, creando un incentivo economico tale da far esplodere il bracconaggio su scala industriale. Il fenomeno ha superato ogni soglia di controllo, tanto che dal 2011 il numero di elefanti uccisi ha superato quello dei nuovi nati: un’emorragia biologica insostenibile. Se questa tendenza non si ferma, gli elefanti potrebbero estinguersi entro la fine del prossimo decennio.

Eppure, paradossalmente, gli elefanti sono amati in tutto il mondo. Sono presenti nei sogni dei bambini, nei documentari più premiati, nelle storie e nei simboli religiosi. Sono parte della nostra cultura, eppure stanno scomparendo nel silenzio, lontano dai riflettori dell’informazione quotidiana. La Giornata Mondiale dell’Elefante è nata per rompere questo silenzio, per offrire una piattaforma globale in cui individui, associazioni e governi possano unirsi e dare voce a chi non ce l’ha.

Il bracconaggio è solo una parte del problema. L’altra grande minaccia alla sopravvivenza degli elefanti è la perdita dell’habitat. Il costante aumento della popolazione umana, la deforestazione, la costruzione di infrastrutture, le attività agricole e minerarie hanno ridotto drasticamente gli spazi vitali per questi animali. Gli elefanti asiatici sono ancora più minacciati: ne restano meno di 50.000 in libertà, sparsi tra India, Sri Lanka, Myanmar e altri paesi del sud-est asiatico. Anche qui, i conflitti tra esseri umani ed elefanti sono sempre più frequenti, con episodi drammatici che si concludono spesso con la morte degli animali.

In questo scenario devastante, iniziative come la Giornata Mondiale dell’Elefante rappresentano un barlume di speranza. Non si tratta solo di un evento simbolico, ma di una vera e propria rete globale che mobilita risorse, promuove leggi, coordina progetti di conservazione, stimola l’educazione ambientale. Patricia Sims, che ha dato vita a tutto questo, oggi collabora con oltre 100 organizzazioni per la tutela degli elefanti. La sua attività non si limita all’ambito simbolico, ma si estende al concreto: campagne di raccolta fondi, documentari, programmi educativi nelle scuole, coinvolgimento di governi e aziende.

Nel 2015, Sims ha fondato insieme a Anne Dillon e Philip Hansen Bailey la World Elephant Society, un’organizzazione senza scopo di lucro che si occupa di diffondere gratuitamente contenuti educativi su scala globale. Il sito web dell’organizzazione, le piattaforme social, e una rete capillare di sostenitori veicolano ogni anno messaggi fondamentali per la sensibilizzazione. La società non si limita alla celebrazione annuale, ma lavora quotidianamente per informare, formare e ispirare. L’obiettivo è chiaro: fare in modo che ogni individuo, ovunque si trovi, possa diventare parte attiva nella protezione degli elefanti.

Cosa possiamo fare noi, persone comuni, per sostenere questa causa? Più di quanto si creda. Innanzitutto, è fondamentale rifiutare ogni forma di commercio o acquisto di avorio, anche quella apparentemente "innocua" o di seconda mano. Ogni oggetto d’avorio, anche antico, perpetua una cultura di consumo che giustifica il massacro. Poi c’è la scelta dell’informazione: condividere contenuti, parlare di questo problema, rompere il muro dell’indifferenza. Ogni volta che si posta qualcosa sui social, ogni articolo letto o video condiviso è una goccia in un oceano di consapevolezza che può davvero cambiare il mondo.

Ma non finisce qui. Esistono decine di santuari per elefanti, soprattutto in Africa e Asia, che lavorano ogni giorno per offrire rifugio e cure agli esemplari salvati dal bracconaggio o dalla prigionia. Supportare economicamente questi centri – anche con piccole donazioni – è un atto concreto, diretto, e straordinariamente efficace. Allo stesso modo, chi viaggia in paesi dove vivono gli elefanti può scegliere eco-turismo responsabile, evitando strutture che sfruttano gli animali per spettacoli, giri su elefanti o intrattenimento turistico.

La Giornata Mondiale dell’Elefante ci invita anche a ripensare il nostro rapporto con la natura e con gli animali. Gli elefanti sono creature sociali, intelligenti, con emozioni complesse, strutture familiari forti, e una memoria che sfida quella umana. Sanno piangere, riconoscere i morti, mostrare empatia, cooperare, perfino perdonare. Eliminare una specie del genere non è solo una perdita ecologica: è un crimine contro l’intelligenza della vita stessa.

Nel buddismo, l’elefante è simbolo di saggezza e serenità; nell’induismo è l’incarnazione del dio Ganesh, portatore di fortuna. In Africa è guida, protettore, antenato. In Occidente è stato per secoli la meraviglia dell’esotico. Eppure, l’avidità umana ha trasformato il sacro in merce, il rispetto in sterminio. Abbiamo davanti una scelta: continuare a guardare da un’altra parte o agire ora, prima che sia troppo tardi.

Il 12 agosto non è solo una ricorrenza nel calendario. È un giorno di consapevolezza, ma anche di responsabilità. È un invito ad agire, un monito lanciato dalla savana al cuore dell’umanità. È un appello silenzioso, che porta con sé il peso di migliaia di zanne spezzate, di madri che non vedranno più i loro cuccioli, di branchi disgregati, di paesaggi desertificati.

Eppure c’è speranza. In alcune zone dell’Africa dove sono stati avviati progetti di protezione rigorosi e sanzioni efficaci, il numero di elefanti ha cominciato lentamente a crescere. Alcuni governi stanno collaborando con le ONG per fermare la catena del crimine internazionale che gestisce il traffico d’avorio. Anche in Cina, grazie a campagne di sensibilizzazione mirate, il consumo di avorio è in diminuzione. La strada è lunga, ma non impossibile.

La Giornata Mondiale dell’Elefante ci ricorda che ogni passo conta. Ogni firma, ogni euro donato, ogni parola condivisa ha un impatto. E non lo ha solo sugli elefanti, ma su tutta la fauna selvatica, sull’ecosistema terrestre e, in definitiva, su di noi. Perché proteggere gli elefanti significa proteggere le foreste, l’acqua, il clima, la biodiversità. Significa proteggere il futuro.

Se ci sarà un giorno in cui i nostri figli vedranno un elefante solo nei libri di storia, sarà anche il giorno in cui ci guarderanno e chiederanno: “Perché non avete fatto nulla?”
La risposta a quella domanda si costruisce oggi.
12 agosto. World Elephant Day. Ascoltiamo il loro silenzio. E facciamolo parlare.

 

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