Ogni anno, il 31 maggio, si celebra la Giornata Mondiale senza Tabacco, un’occasione che coinvolge milioni di persone in tutto il mondo. Promossa dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e da numerosi partner globali, questa giornata nasce per portare alla luce un tema che riguarda tutti: i danni del tabacco e del fumo passivo. È un momento collettivo di riflessione, di presa di coscienza, ma anche un invito concreto a fare qualcosa di semplice eppure rivoluzionario: smettere di fumare, o quantomeno fare una pausa, lasciando ai polmoni — e al corpo intero — un giorno di tregua.
Non si tratta solo di un simbolo o di una retorica sanitaria. Il tabacco è uno dei nemici più insidiosi della salute pubblica. Ogni anno causa oltre 7 milioni di morti, di cui circa 890.000 sono non fumatori, vittime inconsapevoli dell’esposizione al fumo passivo. Dietro queste cifre si nascondono storie di famiglie spezzate, vite interrotte troppo presto, sogni che si dissolvono in una nuvola grigia. Eppure, il problema è ben lungi dall’essere risolto. L’industria del tabacco continua a investire somme ingenti in pubblicità, marketing e strategie di fidelizzazione che mirano a catturare clienti sempre più giovani. I dati ci raccontano che l’età media di iniziazione al fumo in molti paesi si colloca addirittura sotto i 15 anni. Una cifra che dovrebbe far tremare le coscienze.
Ma come nasce la Giornata Mondiale senza Tabacco? Per comprendere il significato profondo di questa ricorrenza bisogna fare un salto indietro nel tempo, al 1987, quando gli Stati membri dell’OMS decisero di istituire un appuntamento annuale per attirare l’attenzione sulla “epidemia di tabacco” che stava mietendo vittime a ritmi impressionanti. La prima giornata fu celebrata il 7 aprile 1988 come “Giornata mondiale per i non fumatori”. Fu solo l’anno successivo che venne fissata la data definitiva del 31 maggio, quella che da allora scandisce, puntuale, un momento di responsabilità collettiva.
Ogni anno la giornata si concentra su un tema specifico. Negli anni recenti si è parlato dei danni ambientali causati dal tabacco, delle manipolazioni pubblicitarie che puntano ai giovani, dei diritti dei lavoratori sfruttati nelle piantagioni di tabacco e delle politiche che i governi possono adottare per contrastare questo flagello. L’OMS non si limita a fare appelli: sostiene e coordina vere e proprie campagne globali, incoraggia la tassazione sui prodotti del tabacco, spinge per l’adozione di pacchetti neutri e avvertenze grafiche sui danni del fumo, chiede di vietare la pubblicità e la sponsorizzazione da parte delle compagnie del tabacco.
C’è un dato che forse non si conosce abbastanza: il tabacco non danneggia solo la salute umana ma ha anche un impatto devastante sull’ambiente. Ogni anno vengono abbattuti circa 600 milioni di alberi per produrre sigarette, con conseguente perdita di biodiversità e peggioramento del cambiamento climatico. Inoltre, i mozziconi di sigaretta sono la forma di rifiuto più diffusa al mondo: se ne gettano circa 4,5 trilioni all’anno, molti dei quali finiscono nei corsi d’acqua e nei mari, rilasciando sostanze chimiche tossiche che avvelenano fauna e flora acquatiche. Il fumo, insomma, non uccide solo le persone: inquina l’aria, la terra e l’acqua, mettendo a rischio interi ecosistemi.
E allora perché si continua a fumare? La risposta non è banale. Il tabacco è una delle sostanze più addictive, ossia in grado di creare dipendenza, esistenti al mondo. La nicotina agisce sul cervello stimolando la produzione di dopamina, quel neurotrasmettitore legato alla sensazione di piacere e ricompensa. Chi fuma si illude di alleviare lo stress, di placare l’ansia, di trovare un momento di pausa nella frenesia quotidiana. Ma la verità è che la sigaretta diventa ben presto un cappio che stringe sempre di più. I tentativi di smettere possono essere duri, costellati di ricadute, ma non per questo meno necessari. E qui entra in gioco il valore simbolico e pratico della Giornata Mondiale senza Tabacco: essa invita, prima di tutto, a prendersi un giorno di stop. Un giorno senza fumo, senza tabacco sotto qualsiasi forma, per riscoprire cosa significhi respirare a pieni polmoni e sentire il proprio corpo liberato da quella schiavitù.
Se non si è fumatori, la Giornata Mondiale senza Tabacco diventa comunque un’opportunità per riflettere su come sostenere amici e familiari che stanno cercando di smettere. Parlare, informare, ascoltare senza giudicare: a volte è proprio il sostegno affettivo a fare la differenza tra un tentativo fallito e un successo duraturo. È anche un’occasione per smascherare le tecniche aggressive delle lobby del tabacco, che cercano continuamente di reinventarsi: con sigarette elettroniche, prodotti a tabacco riscaldato, aromatizzati e presentati come “meno dannosi”, nonostante le prove scientifiche mostrino rischi tutt’altro che trascurabili.
Un aspetto spesso trascurato riguarda il peso economico del tabacco. Oltre ai costi sanitari diretti, che gravano sui sistemi pubblici e quindi su tutti i contribuenti, il tabacco sottrae risorse economiche alle famiglie. In molte realtà povere del mondo, i soldi spesi per acquistare sigarette sono sottratti al cibo, all’istruzione dei figli, alle cure mediche di base. Spezzare questa catena significa anche combattere la povertà e promuovere un vero sviluppo sostenibile. Non è un caso se l’Agenda 2030 dell’ONU per lo Sviluppo Sostenibile inserisce il contrasto al tabacco come strumento trasversale per raggiungere diversi obiettivi, dalla salute alla riduzione delle disuguaglianze.
Naturalmente, tutto questo non accade da solo. Servono politiche pubbliche coraggiose, serve che i governi non cedano alle pressioni delle multinazionali del tabacco. Servono leggi che tutelino i minori, che vietino la pubblicità occulta e le sponsorizzazioni, che aumentino le accise sui prodotti da fumo. Serve anche una rete di supporto per chi decide di dire basta: programmi di disassuefazione, farmaci, terapie comportamentali, campagne di informazione capillari. Soprattutto serve che cambi la cultura. Che fumare non sia più percepito come un gesto “di stile”, di ribellione o di autoaffermazione, ma come quello che è realmente: un rischio enorme per la propria salute e per quella di chi ci sta intorno.
In fondo, la Giornata Mondiale senza Tabacco è un inno alla vita. È un giorno per ricordare che i polmoni sono fatti per respirare aria, non fumo; che la libertà non sta nel poter accendere una sigaretta ma nel non averne bisogno. È un messaggio di speranza per milioni di persone che combattono contro la dipendenza e un monito per i più giovani, perché non cadano nella stessa trappola. È anche un modo per onorare le vittime del tabacco: non solo chi ha perso la vita per un tumore al polmone o per una malattia cardiovascolare, ma anche tutti coloro che continuano a soffrire in silenzio, costretti a convivere con ossigeno, farmaci e ricoveri ospedalieri.
La sfida è ancora lunga. Ma ogni 31 maggio il mondo si ferma un momento per guardare in faccia questa realtà e per dire, insieme, che un futuro senza tabacco è possibile. Più che una celebrazione, è un impegno collettivo. Un patto di responsabilità reciproca, tra generazioni e popoli, per un pianeta e una società più sani. E magari, dopo questo giorno di consapevolezza, qualcuno troverà il coraggio di fare il passo decisivo e spegnere la sua ultima sigaretta. Per sempre.